Dal 1861 al 1906
Nel 1861, con la morte del fondatore avvenuta il 21 maggio a Soresina, la struttura della Compagnia mutò, poiché i figli Antonio, Carlo e Giovanni, unici sopravvissuti della numerosa figliolanza, decisero di dividersi l'edificio teatrale (così si chiama, in gergo marionettistico, il patrimonio costituito da marionette, teste di ricambio, costumi, scenari, copioni e materiale di attrezzeria) e diedero vita a tre diverse compagnie. Antonio, dopo un sodalizio con il marionettista Croce, morì senza eredi; Carlo diede vita alla formazione Carlo Colla e Figli di cui ci occupiamo; da Giovanni discese la Compagnia "Giacomo Colla e famiglia", oggi nota come "Le marionette di Gianni e Cosetta Colla".Carlo Colla prese ad annotare la storia della sua Compagnia a Broni il 22 agosto del 1863.
I piccoli paesi e le borgate scomparvero quasi del tutto per lasciar posto, nell'itinerario della Compagnia, alle grandi città e ai centri più importanti, indizio preciso di un'attività professionale che andava migliorando qualitativamente sino al punto di essere in grado di soddisfare un pubblico sempre più esigente. Gli spostamenti diventarono meno frequenti poiché la Compagnia sostava per circa tre mesi in ogni piazza; si arrivò, persino, ad un massimo di sette località in un anno e tutte comprese fra il territorio piemontese e quello dell'Oltrepò Pavese, zona in cui i Colla erano già simpaticamente noti.
Ed arriviamo al 1889, anno in cui una grave malattia alla gola colpì Carlo Colla costringendolo a ridurre notevolmente in un primo tempo, e poi del tutto, il suo lavoro di direttore della Compagnia e ad abbandonare per sempre l'interpretazione della maschera di Famiola.
Il sedicenne Carlo jr., maggiore dei figli maschi, si trovò improvvisamente a sostituire il padre negli impegni e nelle scadenze relative all'attività marionettistica. Necessariamente gli anni che seguirono furono dedicati a conseguire la praticaccia nel combinare affari, nel coordinare gli spostamenti della Compagnia con le esigenze di montaggio e smontaggio dell'attrezzatura scenica, nel trattare con gli impresari teatrali non sempre ben disposti verso un giovanissimo alle prime armi.
Il giovane Carlo, nell'intraprendere la sua carriera di teatrante, aveva seguito con profonda ammirazione i successi dello zio Antonio, notando la tecnica raffinata del maneggio, la preziosità e l'eleganza degli allestimenti scenici, elementi teatrali che gli avevano aperto la strada verso un pubblico raffinato ed esigente come quello del Teatro Gerolamo di Milano. In lui cominciò a farsi luce l'idea che esistesse la possibilità di realizzare spettacoli eccezionali attraverso un lavoro serio, prima in sede di studio e poi in fase di allestimento; soprattutto comprese che sarebbe nata una grande compagnia se egli fosse riuscito a infondere nei fratelli l'idea di una creazione che scaturisse da diverse competenze fra loro coordinate.
E la prima fu proprio il ballo "Excelsior" che nacque, durante un periodo di licenza dal servizio militare, a Caluso nel 1895 con il titolo di "Civiltà e Progresso"; naturalmente gli allestimenti dei grandi teatri, con attori in carne ed ossa, cioè, e dei complessi marionettistici che avevano agito nella capitale lombarda (ne va dimenticata l'ammirazione per lo zio Antonio) dovettero influenzare notevolmente l'inventiva del giovane capocomico ma, altrettanto naturalmente, il senso della scena, l'immediatezza del rapporto fra il teatro, specie quello delle marionette, ed il pubblico, trovarono il loro giusto rilievo non solamente in ciò che il libretto descrittivo del Cav. Manzotti esigeva ma nella rigorosa comprensione degli elementi storici che quella sfavillante allegoria, specchio di un'epoca e delle sue illusioni, richiedeva dalla magica ironia delle teste di legno. Le scenografie del Mens e del Bellio, gli effetti di luce, gli splendidi costumi, i numerosi giochi scenici e le graziose movenze dei 215 personaggi che vi agivano furono espressione di una abilità marionettistica che stava diventando sempre più evidente.
Carlo ritornò definitivamente alla direzione della Compagnia sul finire del 1896, riprese l'interpretazione della maschera e la direzione della Compagnia in cui era stato sostituito, per tutta la durata della ferma militare, dal fratello Giovanni.
Gli anni seguenti vedono l'allestimento e la messainscena di spettacoli ispirati ai grandi temi che permettevano a tutte le forme spettacolari di grande presa sul pubblico di trionfare.
Una impronta particolare fu data anche al modo di concepire la recitazione che tutti i marionettisti dell'epoca mantenevano generalmente su toni assai caricati, ampollosi e roboanti: Carlo preferì una tecnica più legata allo straniamento e mantenuta su tonalità particolari che potessero sostituire la mimica facciale di cui i piccoli personaggi di legno non potevano servirsi per esprimere sentimenti e moti dell'animo, e divenire realtà esteriore di un'anima che la caratterizzazione del volto della marionetta già presagiva nella sua immobilità. Il sodalizio fra i quattro fratelli divenne importante per il gusto con cui si dedicarono alle diverse interpretazioni dei personaggi e alla sorprendente abilità con cui riuscivano a variare il timbro delle voci passando dal registro baritonale a quello tenorile, al falsetto e alla caricatura.
Il successo fu immediato e gli spostamenti della Compagnia incominciarono a comprendere anche grosse città fra cui Parma, dove i Colla approdarono nel 1899 al Teatro San Giovanni con la nuova produzione "Da Port Arthur a Tokio" cui seguì, l'anno seguente, "La Serenata di Pierrot". Qui gli spettacoli dovettero soddisfare un palato piuttosto difficile (basti pensare ad alcune calde serate al Regio!) dei Parmensi i quali accolsero per sei anni consecutivi i Colla, divenuti estremamente popolari, con stagioni teatrali della durata di circa otto mesi.